Quando una legge nega o rende estremamente difficile la serena pratica di un diritto sancito dalla Costituzione della Repubblica si realizza un vulnus che non colpisce soltanto la parte o comunità presa di mira e osteggiata, ma l’intero Paese, anche quello che sostiene la parte politica che quella legge ha voluto e pervicacemente approvato. E’ il caso della nuova legge “sui luoghi di culto” licenziata nei giorni scorsi dalla regione Lombardia e che oggi anche il Veneto vuole copiare e approvare.
Anche se formalmente essa si occupa di tutti i nuovi luoghi di culto, tutta la stampa e l’opinione pubblica ha ben compreso il suo spirito è l’ha immediatamente ribattezzata “legge anti moschee”.
Si tratta di una legge pesantemente inficiata da tanti e tali elementi d’incostituzionalità che nessuno dubita che la Suprema Corte ne decreterà in gran parte la sua decadenza e tuttavia essa produrrà un grave danno per il tempo che rimarrà disgraziatamente in vigore.
Un danno alla stessa convivenza tra i cittadini della Repubblica, che ha sinistre somiglianze, nello spirito, a quelle leggi razziali che dal 1938 e fino alla caduta del fascismo, ruppero tragicamente la solidarietà tra le istituzioni dello Stato e una parte dei suoi cittadini. Ci riferiamo evidentemente a quelle decine e decine di migliaia di cittadini italiani di fede islamica, leali e rispettosi, dialoganti e sinceri che non potranno riconoscere in quelle misure gravemente discriminatorie il principio dell’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Un danno ai processi d’integrazione e d’inserzione di oltre un milione e mezzo di residenti stranieri, anche loro nella stragrande maggioranza residenti leali e operosi che contribuiscono, ben oltre il loro numero allo sforzo del paese in questo momento di grave crisi economica.
Ci opporemo a questa legge ingiusta, con tutte le forme che legalità ci consentirà di usare, nell’incrollabile fiducia che ci siano in Italia uomini e donne giusti che non sono disposti a calpestare i principi e una storia di rispetto e condivisione dei valori in cambio di un pugno di voti.